La Danza dello Sciamano – Romanzo – di Alfio Giuffrida - Editore: BookSprint 2013 -
ISBN: 987-88-6823-9060 - p. 269 p., Eur. 16,40 - Reparto: Romanzi / Narrativa Moderna e contemporanea

Disponibile in formato cartaceo ed ebook, si acquista in tutte le librerie, oppure on line http://t.co/L1oZOWLK 

 

Presentazione

La danza dello sciamano” continua il filone letterario “Verismo Interattivo”, ideato da Alfio Giuffrida. Egli introduce nei suoi romanzi degli argomenti scientifici, culturali o di attualità, che poi possono essere discussi nel Forum del suo sito http://www.alfiogiuffrida.com/ , in modo che il lettore possa diventare a sua volta “protagonista” rispondendo con dei commenti alle discussioni. 
Il romanzo parte da un fatto vero: una conferenza che l’autore ha tenuto ad Helsinki nel settembre 1989, in cui ha discusso la teoria della “Oscillazione Mediterranea”, che ha avuto ampio spazio nelle riviste scientifiche di meteorologia.

Alex è un meteorologo, si reca in Tunisia per presentare un suo progetto di formare un’oasi nel deserto. È assieme a Giuliano, un politico e Claudio un suo collega del CNR con la sua fidanzata Laura.

Al momento dell’atterraggio l’aereo esegue una pericolosa “riattaccata” che terrorizza tutti i passeggeri. Alex, che è esperto di volo, calma tutti da un attacco collettivo di panico ed in particolare Laura che, essendo seduta accanto a lui, si aggrappa alle sue mani terrorizzata. 
Iniziano i lavori in una incantevole zona desertica, costellata da meraviglie della natura e intrighi tra Berberi e Tuareg descritti in modo accattivante. Ma Laura viene morsa da un ragno velenoso ed è nuovamente Alex ad aiutarla. 
La porta da Aldyr, uno sciamano siberiano il quale esegue la sua danza guaritrice che, in realtà è una tecnica dell'estasi, durante la quale il celebrante trasferisce la sua anima agli inferi, dove si incontra con gli spiriti dei defunti. Ma con lei non è sufficiente! La ragazza sta per morire, allora lo sciamano esegue un forsennato rito di iniziazione, perché sa che … solo lui può salvarla. 
I due si innamorano, Laura però è interessata a scoprire le tracce del suo passato perché Aldyr ha conosciuto suo nonno ad Auschwitz. Ma da quella prigione loro erano riusciti a fuggire, poi di Izaac si sono perse le tracce. Alla fine della guerra tuttavia, era arrivata una lettera che diceva di andare a Smolensk, perché …. “Armonica è vivo”. 
Armonica è il soprannome di Izaac, che nel racconto diventa uno di noi, colui che ha subito dei torti, pur essendo innocente! E Laura va a Smolensk e a Pechino, sulle tracce di Izaac e di Aldyr. E lì scopre chi è il suo vero padre. 
Bechir è il figlio di un Tuareg e di una Berbera. È un losco trafficante di droga, ma in quel progetto diventa il direttore dei lavori. Muore una escort e Karim va in prigione. Halima, che è la madre di Karim, ma anche di Bechir, anche se lui non lo sa, si sacrifica fino ad una morte orrenda per salvare il figlio buono. 
Al processo Bechir fugge, con Alex in ostaggio, attraverso tutto il deserto del Sahara. In Niger lo attende Claudio, diventato suo complice, per fuggire in Angola. In quell’incontro Claudio viene a sapere che Fatma, per colpa sua, ha subito il martirio della lapidazione, ma lui sa che è stato Bechir. I due lottano con la pistola in pugno e si uccidono entrambi. 
Finalmente Alex e Laura possono amarsi, ma lei è ammalata di AIDS. Per salvarla serve un tipo di operazione sperimentale ed Alex si offre come donatore, anche se sa di correre un serio pericolo. Alla fine lei guarisce, anche se, ancora una volta, è dovuto intervenire Aldyr, con un gesto … soprannaturale.    

Brani dal libro - La danza

Lo sciamano era un vecchio con la barba bianca, parlava correttamente il francese e si vedeva che era un uomo colto e saggio. Guardò Laura con attenzione e subito si mostrò preoccupato, «Non c’è un minuto da perdere», disse, «aiutami a portarla in casa, dovremo iniziare una seduta il più presto possibile.» 
La sollevarono di peso e la potarono in casa. La stanza era tappezzata di tuniche unte e di amuleti. La sdraiarono su un piccolo divano di vimini vecchio e traballante. Il vecchio le slacciò un paio di bottoni della camicetta, le aprì la bocca a forza e la bloccò con un pezzetto di legno. 
Fece cenno ad Alex di sedersi su una poltroncina che era li a fianco. Da buon militare, lui obbedì immediatamente, ma si appoggiò appena alla sedia, pronto a scattare qualora ci fosse stato il minimo bisogno. 
Seguiva con trepidazione le mosse del russo, avrebbe voluto implorarlo di salvarla, ma vedeva che egli era risoluto nei movimenti, evidentemente sapeva bene ciò che doveva fare. 
Prese una boccettina piccola che conteneva un siero, ne versò poche gocce sulla lingua di Laura, poi invocò a gran voce gli spiriti affinché facessero assorbire la medicina alla indemoniata. 
Si mise addosso un pesante costume, fatto di pelli di renna, con piume di uccello nelle cuciture, ornato di monili e campanellini, indossò poi un cappello, delle particolari calzature e prese in mano un bastone. 
Cominciò, un ballo tribale invocando sempre gli spiriti affinché uscissero dal corpo della ragazza. Lei si dimenava e sudava ancora più forte, ma lo sciamano vide che le sue invocazioni non erano efficaci, evidentemente il male che aveva dentro era più forte di quanto lui avesse pensato. 
Alex era frastornato ed anche un po’ deluso. Tutta qui la cura dello sciamano? A parte le poche gocce di medicinale che le aveva versato sulla lingua, il suo intervento consisteva semplicemente in una specie di danza? 
Il vecchio si fermò un attimo e chiese ad Alex il punto esatto dove era stata morsa. Quindi prese un unguento e lo strofinò su quel dito e sul collo della ragazza, poi ricominciò la sua danza ad un ritmo indemoniato, ma non accadde ancora nulla. 
Dalla sua pelle le gocce di sudore cadevano copiose sul pavimento formando delle piccole pozze. Lo sciamano si aspettava che uscisse qualcosa dalla bocca della ragazza ed invece ciò non accadeva. 
La guardò in viso con attenzione, percepiva in lei qualcosa sia di strano che di familiare, ma non capiva cosa fosse. Sentiva che la stava perdendo, capiva che quella ragazza aveva qualcosa di sciamanico anche lei, qualcosa che era più forte di lui. 
«Forse questa ragazza, in effetti è un “Energizzatore», pensò il vecchio tra se e se, cercando di ricordare i discorsi dei saggi, che parlavano di diversi modi del manifestarsi dello sciamanesimo. 
«Forse in lei si nasconde quello spirito ribelle, che è sempre negato e ignorato nelle nostre anime? Potrebbe essere lei la Passione, normalmente repressa e sperimentata dai più solo come sesso, piuttosto che come Passione o gioia di vivere?» 
Ma non c’era tempo di ragionare sulle varie tesi su cui si basava la sua occulta disciplina. Attorno a lui non c’erano i suoi Avi, ……  

Brani dal libro: Il viale del Tempio del Cielo

Il giorno dopo presero un taxi e andarono al Tempio del Cielo. Alex, da buon militare, sapeva orientarsi benissimo con l’aiuto di una cartina, per cui non ci fu bisogno di chiedere alcuna informazione.

Entrarono subito nel grande parco, andarono verso l’edificio principale e si fermarono all’inizio del viale sul lato ad ovest del tempio. Tutto era esattamente come lo aveva descritto Aldyr.

Laura era elettrizzata da quella esperienza. Man mano che si addentrava in quel luogo di pace, ricordava perfettamente gli edifici ed i particolari che vedevano davanti a loro. Erano proprio quelli dove, da bambina, era già stata assieme a sua madre.

Camminava in silenzio, ma avrebbe voluto dire mille cose. Alex le spiegava dove si trovavano e dove stavano andando, ma si accorgeva che lei era sempre sovrappensiero.

La guardava mentre muoveva le guance come per iniziare un discorso che non pronunciò mai. In effetti lei lo seguiva come un automa, la sua mente era fissa in un solo pensiero. Aldyr era proprio suo padre? 
Iniziarono a percorrere il viale contando gli alberi sulla destra, al settimo si fermarono, videro che l’albero aveva un grosso buco nel tronco, Alex vi mise la mano dentro e frugò. 
Laura lo stringeva forte sul braccio sinistro, era praticamente aggrappata al suo uomo per sorreggersi e non cadere. Sapeva già che sarebbe andata incontro ad una scoperta che le avrebbe cambiato la vita, ma della quale aveva una paura estrema. 

Era questo il motivo per cui non si era mai sentita di venire in Cina da sola, temeva che l’emozione di questo momento sarebbe stata troppo alta per affrontarla senza nessuno al suo fianco. 
Trovò una scatola di latta, la aprirono e presero il foglio che c’era dentro. Alex lo aprì pian piano, facendo attenzione a non lacerarlo e, allo stesso tempo, mostrandone il contenuto alla ragazza. 
Nella parte superiore c’erano scritti solamente due nomi “Teresa” e “Alexander”, con a fianco disegnato un cuore. 

Poi, qualche centimetro sotto, c’era una scritta in polacco, che Alex non sapeva leggere. 

Laura guardò il foglio e poi si rivolse al suo compagno, come per chiedere cosa dovesse fare. Lui la strinse a se per farle vincere la paura e l’emozione. Lei si staccò dal suo braccio e prese il foglio in mano, tremando come una foglia. 
Era la calligrafia di sua madre, la riconobbe subito! Ormai tutto era chiaro! Le ginocchia della ragazza si piegarono e lei ebbe un leggero malessere. Ma Alex la sorresse e le diede un tenero bacio sulla fronte.

Lei girò il suo volto e offrì le sue labbra a quelle del giovane. Lui la baciò timidamente e teneramente, ma quel gesto fu per lei lo stimolo per riprendere vita e coraggio, le diede forza e vigore, facendole tornare un po’ di colorito in volto. Era il loro primo bacio d’amore. 
Cominciò a leggere la lettera, erano esattamente le parole che aveva detto lo sciamano. 

«Mio caro Alexander, ho saputo che sei in prigione ……  

Brani: L'atterraggio a Tozeur

Il volo da Roma a Tunisi fu fantastico, ma quello da Tunisi a Tozeur non lo fu altrettanto.

Già in fase di avvicinamento la  turbolenza era forte, l’aereo ballava molto, inclinandosi continuamente prima a destra e poi a sinistra. Era come se scivolasse su degli scalini insaponati. In lontananza erano visibili grossi cumuli temporaleschi. 
Laura era irrequieta! Guardò il suo compagno con inquietudine, aveva il presentimento che qualcosa stesse andando storto e, pur non essendo abituata a fare effusioni al fidanzato, gli prese la mano, la poggiò sulle sue gambe e la strinse con forza.

In fase di corto finale per l’atterraggio, guardando dall’oblò, Alex aveva già visto scorrere sotto l’aereo la rete di delimitazione dell’aeroporto e sentito  strani fruscii sotto la fusoliera. Era la conferma che l’aereo era già  in assetto  di atterraggio con  i motori che rombavano cupi, quel tono grave dovuto al numero di giri notevolmente più basso che nella fase di volo. Il carrello era esteso, i flap alla massima estensione! 
I passeggeri erano tesi, ma in quel mentre si ebbe una violenta perdita di quota! Mentre tutti aspettavano di sentire che le ruote toccassero l’asfalto, improvvisamente i motori cominciarono a rombare a tutta forza, l’aereo prese nuovamente velocità scivolando sulla pista senza tuttavia toccarla, il numero dei giri del motore salì al massimo, facendo vibrare l’aereo come un frullatore nel quale erano stati messi a macinare dei chicchi di caffè. 
L’aereo riprese l’assetto di salita; era come se stesse decollando di nuovo, ma in modo frenetico, il rumore dei motori era assordante, tutto sembrava roteare e sobbalzare. Le persone furono sballottate in tutte le direzioni e restarono incollate ai sedili solo perché erano legate con le cinture di sicurezza. 

I flap si erano retratti improvvisamente e le estremità delle ali beccheggiavano violentemente, sembrava stessero per spezzarsi. 
Nella parte bassa dell’aereo si sentì un rumore secco, come se fosse qualche oggetto che era sbattuto violentemente contro la carlinga del velivolo. 
Un tonfo che gelò il sangue nelle vene dei passeggeri, forse si trattava solamente del carrello che era stato retratto, ma nessuno osò chiedere conferma. 
Laura guardò Claudio con terrore,  una scarica di adrenalina aveva pervaso il suo corpo, aveva dei brividi come se le avessero rovesciato una secchiata di cubetti di ghiaccio tra la camicetta e la schiena ma, stranamente, avvertiva uno strano calore scorrerle dalla testa ai piedi ed un sudore freddo bagnarle la pelle.

Le veniva da urlare e vedeva che anche gli altri passeggeri si guardavano attorno, anche loro atterriti.  Claudio era immobile, con lo sguardo fisso di chi sente un grosso vuoto nello stomaco, ma sa che non è fame. 
Alex, che essendo un Ufficiale dell’Aeronautica Militare aveva volato molte più volte di loro ed aveva già avuto l’occasione di trovarsi in una situazione simile, disse:  «Non preoccupatevi, è solo una “riattaccata”! Una manovra che viene eseguita quando la fase di atterraggio presenta qualche situazione per la quale è obbligatorio o consigliabile interrompere la discesa ed effettuare nuovamente un circuito in volo per poi ripresentarsi all’atterraggio». 
A quelle parole inaspettate, tutti lo guardarono con interesse. Laura lasciò la mano di Claudio e prese quella di Alex, che era seduto nel sedile accanto al suo, dalla parte del finestrino, stringendola con entrambe le sue. 
Lo guardava spaventata, con gli occhi fuori dalle orbite, balbettando qualcosa ma senza dire nulla. Mentre l’aereo riprendeva quota. Alex sfiorò appena quelle mani che lo stringevano forte e si sentì attratto da quella ragazza. Incrociò per un attimo anche lo sguardo di Claudio e notò un rancore represso nei suoi occhi. 
Vide che gli occhi di tutti i passeggeri erano puntati su di lui e si sentì al centro dell’attenzione, come un missionario che deve spiegare ad un gruppo di indigeni, raggruppati attorno a lui, perché devono avere fede in Cristo, mentre un altro gruppo di ribelli sta già sparando delle raffiche di mitra su di loro. 
Per un attimo pensò alla ragazza seduta a fianco a lui, che gli era stata presentata da Claudio semplicemente come una esperta di serre, che partecipava a quel viaggio per lavoro in qualità di rappresentante della sua ditta. Vide che lei adesso teneva gli  occhi chiusi, era pallida e tremava come una foglia. Quel volto e quella espressione lo fecero sentire al centro di una grande responsabilità
Doveva fare qualcosa per evitare che tutti i passeggeri fossero presi da una crisi di panico, ma gli argomenti validi non erano poi tanti, per cui si mise a spiegare a voce alta le fasi di una riattaccata, in modo da rassicurare quei corpi ormai quasi privi di anima. 
Cominciò a parlare con calma, con il suo solito tono da professore: «Una riattaccata è un evento inusuale, ma è una manovra di sicurezza e non di emergenza. 
Se il pilota ha preso la decisione di riattaccare, in genere è perché ha valutato di essere “arrivato lungo” sulla pista, oppure perché ha notato che l’assetto dell’aereo non è quello ottimale o perché la torre di controllo gli ha dato ordini precisi per evitare un possibile ostacolo in pista. 

In questo caso, forse, ci siamo semplicemente trovati in una situazione di “wind shear“ dovuto all’effetto di un temporale nelle vicinanze, che crea forti variazioni di intensità e direzione del vento e rende incontrollabile l’aeromobile. Bene ha fatto il comandante a riattaccare».

In effetti lui non aveva paura per se, si era trovato altre volte ad essere coinvolto in una simile manovra e ne era uscito sempre vivo. Ma adesso si sentiva responsabile dei sui compagni di viaggio, doveva prolungare quel discorso per tutta la durata della manovra, in modo da tenerli impegnati e non fare sentire loro la paura.  
Alex deglutì profondamente e continuò quel suo discorso che non aveva preparato. 
«Una volta iniziata la manovra, deve quindi eseguire una serie di operazioni, la prima delle quali consiste nel dare “manetta” ai motori, in modo da avere la massima potenza, come nella fase di decollo. Contemporaneamente deve retrarre i flap ed il carrello, in modo da far prendere velocità e quota al velivolo. 
Stando seduti avvertiamo una variazione di assetto dell’aereo, ci accorgiamo infatti che riprende a salire anziché continuare s scendere. Se guardiamo dal finestrino, vedremo i flap rientrare, spostandosi dalla posizione di atterraggio a quella di decollo.» 
In quel mentre guardò dal finestrino ……..

Brani: Il racconto di Halima

Adesso voleva dire lei qualcosa a Bechir, senza che le sue parole fossero ascoltate da nessuno. 
Con uno sforzo enorme diede fiato al suo ultimo filo di voce: «Quando nascesti, tuo padre ti chiamò Brahim e quando saresti diventato adulto avresti preso il suo posto di Amenukal dei Kel Ahaggar», disse a Bechir, inebetito più da quelle parole inaspettate che dalla droga che aveva in corpo, «così aveva deciso Akhamuk, tuo padre e di questo ne ero felice io, Jedjiga, la sua giovane sposa, quando eravamo ancora assieme. 
Ma lui era un Capo Tuareg ed io una nobile Berbera, stirpi diverse e spesso in lotta fra loro. Noi non credevamo che le faide dei nostri antenati potessero influire sul nostro amore. 
Avevamo deciso di sposarci anche contro il parere delle nostre famiglie. Sapevamo che il nostro amore era forte e non sarebbe crollato per le maldicenze della gente. Ma, a poco a poco, dopo le nozze, quelle che dovemmo affrontare non furono solo maldicenze. 
Subito dopo la tua nascita le nostre famiglie cominciarono a farsi una spietata guerra interna e tuo padre cadde in disgrazia presso la sua gente. 
Dovette abbandonare il suo ruolo di Capo Tribù in favore del fratello Amadhu e gli fu tolto ogni diritto ed appannaggio. Andammo a vivere in una piccola casupola ai bordi del villaggio e restammo assieme meno di un anno, ma per me fu il periodo più bello.

Allora mi accarezzavi il volto con dolcezza ed anche io ti accarezzavo con amore, come ho potuto fare solo adesso, anche se in circostanze molto diverse. 
Eppure quelle carezze che ti ho fatto, mi hanno ricordato quei momenti belli. Ed anche le tue mani ruvide, che passavi con violenza sul mio corpo, mi davano un ricordo di piacere. Questo è il motivo per cui riuscivo a sorridere nonostante il dolore che provavo. 
Al braccio destro porti il tatuaggio della tribù di tuo padre, che ti fu fatto quando avevi solo pochi mesi ed abitavamo ancora al villaggio della tua tribù: in Algeria al confine con la Tunisia». 
A quelle parole Bechir si guardò sull’avambraccio destro e finalmente capì cos’era quello strano simbolo che credeva una macchia, in quanto essendosi la pelle allargata di molto, i contorni erano sfumati e quasi indecifrabili. 
Si staccò dal corpo della madre ed ascoltò, impaurito e raggomitolato su se stesso come un povero viandante, il racconto di quella donna ormai morente. 
E la madre continuò «Poi, tuo zio Amadhu, che era diventato il Capo della Tribù dei Kel Ahaggar, temendo che un giorno tuo padre potesse rivendicare quel trono, organizzò un agguato per ucciderci tutti.

Ma una mano divina ci avvertì appena in tempo di ciò che tuo zio stava organizzando. Akhamuk e una parte della sua famiglia fuggirono nel Niger.

Io rimasi sola con te e fui destinata ad essere uccisa, ma quella stessa notte ti affidai a tua zia Kella, la sorella preferita di Akhamuk, la donna che tu hai sempre ritenuto che fosse tua madre ed anch’io riuscii a fuggire. Cambiai il mio nome in Karima e andai a vivere in Tunisia, a Sfax. 
Lì ebbi un altro marito e un altro figlio, di voi non seppi più nulla. Ma quando tu avevi ancora pochi anni Kella ti riportò da me a Sfax. Disse che la Tribù era in preda ad una nuova guerra interna, per cui lei non poteva completare il suo compito di tenerti. Del resto toccava a me aiutarti, che ero tua madre. 
Raccontò che tuo zio Amadhu, da quando aveva preso il trono di tuo padre, era diventato sempre più dispotico con tutti ed anche lei era caduta in disgrazia, per il fatto di averti adottato. Correva il rischio di essere uccisa anche lei assieme a te, ma era riuscita a fuggire per metterti in salvo. Stette con me solo poche ore e poi andò via. 
Ma io non potei tenerti con me. Appena il mio nuovo marito seppe che avevo avuto un altro figlio, prima di stare con lui, non ebbe per me alcuna comprensione, anzi mi cacciò da casa quella stessa sera. Così io rimasi nuovamente sola, con due figli ancora piccoli da accudire. 
Allora andai subito in Niger, ti portai da tuo padre Akhamuk, ma io non potei neanche entrare al villaggio perché il resto della tribù era ostile. Ci incontrammo in una casupola un po’ fuori del villaggio. 
Restammo assieme solo pochi giorni ed in quella circostanza tu non hai mai visto il mio volto perché, in tua presenza, io portavo sempre il velo. Dovetti lasciarti da lui, che ti adottò dicendoti di essere uno zio. Mentre io, ormai sola perché ripudiata dal marito, tornai in Tunisia, andai a vivere a Gafsa con il piccolo Karim, mio figlio e tuo fratello
Dopo pochi mesi tuo zio Amadhu  venne a sapere che tu eri vivo e ti trovavi da tuo padre, così andò in Niger, parlò con il fratello fingendo di riappacificarsi con lui, ma in effetti fu tutto un imbroglio per costringerlo ad aiutarlo negli sporchi traffici che, da qualche anno, lui aveva intrapreso. 
Amadhu infatti era diventato un potente criminale, si ......