Il fenomeno del Niño (Come si forma? Quali sono i suoi effetti? Che influenza ha sul pianeta?)
Testo Scientifico- divulgativo – di Alfio GiuffridaPubblicazione a cura di Renato Bruno, copertina di Roberta Tavarilli - Editore: Amazon – 2013 - Eur 1,21 -

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Presentazione

Quando si parla di El Niño, la mente corre subito alle gravi ripercussioni che il fenomeno ha sulla pesca, a ridosso delle coste Sudamericane del Pacifico, là dove è diventato sinonimo stesso di carestia. Il  fenomeno, però, non nasce  nelle acque dell’Oceano, bensì nell’atmosfera. 
È qui, infatti, che una oscillazione periodica della pressione tra le sponde continentali opposte dell’Oceano Pacifico, genera un insieme di correnti marine che, nei periodi in cui la circolazione è meno attiva, dà luogo ad una diminuzione della pescosità, conosciuta come El Niño. 
Gli effetti dell’oscillazione, tuttavia, non sono confinati solo all’ambiente marino. Nell’atmosfera, infatti,  genera una circolazione particolare, che è causa di alluvioni e periodi di siccità, non confinati all’America del Sud, ma estesi anche all’Indonesia e, forse, a tutta la Terra nel suo insieme. 
Il  fenomeno è molto complesso e senza le geniali intuizioni di alcuni illustri meteorologi del secolo scorso – i primi a intuire  la stretta correlazione tra i cambiamenti dell’ambiente marino e l’atmosfera- oggi non saremmo in grado di darne una interpretazione esaustiva.

L’Autore è un vero esperto in materia, i suoi articoli al riguardo sono stati pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche nazionali ed internazionali. Qui egli conduce una scrupolosa analisi del fenomeno, nella quale, pur obbligando a seguire con attenzione le varie fasi del suo articolato sviluppo, ha il merito di giungere alla comprensione del lettore  attraverso un linguaggio che, senza rinunciare al rigore dell’approccio scientifico, rende la trattazione dell’argomento chiara, lineare e di intuitiva memorizzazione. 

  

 Qualche brano: La circolazione atmosferica.

In condizioni normali, dunque, la circolazione generale dell’atmosfera alle basse latitudini, è caratterizzata dal moto costante degli alisei. Questi venti, conosciuti già dagli antichi navigatori che si erano avventurati nell’Oceano Atlantico, oltre le “Colonne di Ercole”, avvolgono costantemente tutta la fascia equatoriale del pianeta e, di norma, soffiano da Nord-Est nell'emisfero boreale, quello compreso tra l’equatore e il polo nord, e da Sud-Est nell'emisfero australe, compreso tra l’equatore e il polo sud.

Gli alisei, quindi, si ritrovano allineati in quella che viene detta “fascia di convergenza intertropicale”, l’area che abbraccia tutta la terra attorno all’equatore. Per chiarire meglio gli effetti degli alisei su questa fascia, basti pensare a una persona che soffia sull’acqua contenuta in una bacinella. Soffiando sempre nella stessa direzione si ottiene un doppio effetto: un increspamento della superficie e un piccolo ma significativo accumulo di liquido sulla parete opposta.

Nell’Oceano Pacifico, sottoposto all’azione degli alisei per una lunghezza di circa 18.000 km, essi si comportano allo stesso modo: spingono le acque tiepide superficiali verso il continente asiatico che, per un osservatore che si trovi al centro dell’Oceano Pacifico, si trova nella parte occidentale di quell’immenso tratto di mare e generano un innalzamento del livello del mare lungo le coste indonesiane.

Una rappresentazione grafica dell’andamento degli alisei è illustrata nella Figura 2, dove, con delle frecce di differente lunghezza, sono riportate le velocità medie del vento a 10 metri dalla superficie del mare. La figura, è stata elaborata dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), utilizzando i dati dei venti al suolo osservati dal 1981 al 1994.

In pratica, lo scorrere dei venti nella zona equatoriale, sempre nella stessa direzione –da est verso ovest- e per lunghi tratti di mare, come nell’Oceano Pacifico, fa sì che sulla superficie marina si formi una corrente parallela alla direzione dei venti che le scorrono sopra. Ciò provoca un innalzamento del livello della superficie del mare proprio in corrispondenza delle coste asiatiche dell’Oceano: un incremento, rispetto alla media, di circa mezzo metro.

 La circolazione di Walker 

In condizioni normali, ci dice Sir Walker, si hanno due sole cellule atmosferiche di grandi dimensioni: la prima, che chiamiamo “cellula A”, si trova sopra l’Indonesia; la seconda, “cellula B”, è più grande della precedente e occupa tutto il tratto di mare che va dall’America all’Australia.

Notiamo che gli alisei sono di direzione est-ovest, per tutta la lunghezza dell’Oceano Pacifico, ad esclusione di un breve tratto sopra l’Indonesia, dove soffiano in direzione opposta (ovest-est) a causa della zona di bassa pressione permanente che si forma in corrispondenza della Nuova Guinea.

In queste circostanze, esaminando la circolazione atmosferica della “cellula B”, le condizioni del tempo, esemplificando al massimo, sono variabili per tutta la larghezza dell’Oceano. Le correnti atmosferiche scorrono parallelamente alla superficie del mare e la temperatura aumenta in modo graduale: non ci sono, quindi, zone con condizioni privilegiate per la formazione dei temporali e questi, quando si verificano, avvengo in modo casuale.

Sopra la Nuova Guinea, al contrario, la situazione atmosferica è particolare. La figura 7 mette, infatti, in evidenza come, su questa superficie marina, si scontrano le correnti calde al suolo provenienti da ovest (dalla cellula A, che non compare in figura) e quelle provenienti da est (dalla cellula B).

Si determina, così, un accumulo di aria calda al suolo, la quale, essendo più leggera, genera una forza ascensionale che tende a farla salire in quota. Quando l’aria calda arriva ad un’altitudine di circa 1.000 metri, per il fenomeno fisico dell’espansione adiabatica si raffredda e poiché conserva l’umidità prelevata dalle acque calde del mare, ben presto si condensa in nubi di grandi dimensioni: da qui piogge abbondanti o temporali di forte intensità. Situazione, questa appena descritta, che si verifica con tale frequenza da potersi definire “normale”.

Quando gli alisei si indeboliscono, tuttavia, e “el Niño” comincia a farsi sentire, la “cellula A” della circolazione di Walker, in genere stabile sopra l’Indonesia, si allarga e si rafforza, fino a raggiungere la Polinesia. Di conseguenza, l’estesa “cellula B” del Pacifico orientale e centrale si riduce, spezzandosi in più cellule -illustrate nella figura 8- con le lettere B, C e D.

In queste condizioni, poiché il mare è più caldo rispetto ai valori medi, dato che l’apporto di acqua fredda della corrente di Humboldt è minore, proprio sopra la Polinesia l’aria tende ad assumere un flusso ascensionale più intenso, generando non solo temporali di grandi dimensioni ma anche un generale aumento delle precipitazioni. Inoltre, essendo gli alisei più deboli, in numerose aree sopra l’Oceano si formano delle zone di convergenza, dovute alla frammentazione della più grande delle cellule di Walker.

La prima e rilevante zona di convergenza si forma, a volte, a ridosso delle coste ovest del Messico, e in questi casi possono verificarsi cicloni che colpiscono direttamente le coste occidentali dell’America Centrale.