Un
romanzo, ma soprattutto un’audace denuncia verso la corruzione dilagante del
sistema politico e giudiziario italiano, che dietro il falso perbenismo e la
celata ipocrisia si rende colpevole, per l’avidità di denaro, delle più
delittuose azioni. L’“odore di sujo”, la puzza della disonestà, ne diventa il
tratto distintivo.
È
nella voce di Alex che si esprime questa denuncia, coinvolto insieme a
Jennifer, nell’omicidio di suo cognato Giorgio. Vittima quest’ultimo, in nome
dei suoi ideali, di un apparato governativo vizioso, la lotta contro il quale
diventa lo scopo primario della sua esistenza. Sullo sfondo di un mondo ormai
in preda all’immoralità si svolge la narrazione principale, che tuttavia si
dipana in altri racconti tutti intessuti da un unico filo conduttore. A
occupare gran parte dell’impianto narrativo è la storia di Jennifer, nata a
Cuba ai tempi in cui Fidel Castro era al potere, a cui il destino riserverà un
futuro arduo all’insegna della disperata ricerca del figlio, circostanza che la
farà ricredere circa la superiorità morale della classe intellettuale, nella
quale lei credeva ciecamente, conducendola tra il fango nelle luride favelas di
Rio de Janeiro.
L’intera
esposizione narrativa risponde al fine di mettere in luce le ingiustizie
perpetrate ai danni dei più deboli da parte dei “potenti”. L’intento
dell’autore è chiaro: far capire che la causa della corruzione dilagante va
ricercata nel decadimento dei costumi, successivo al ’68 (a riguardo, è da
segnalare un recente articolo di Massimo Franco pubblicato su “Corriere della
Sera” e intitolato Ratzinger e la pedofilia: «Il collasso spirituale è
cominciato nel ’68»). A suo avviso, durante i noti movimenti, si assistette a
“intrighi malcelati fra amministratori di beni pubblici e individui di dubbia
rettitudine”, i quali anteponevamo i diritti ai doveri, nonostante dai più
questa rivoluzione socioculturale sia considerata, invece, una fase di
“rinascita”, un’affermazione dei propri diritti e della libertà. Tuttavia,
suggerisce lo scrittore, “non è pensabile coniare una medaglia che non abbia il
suo rovescio”, l’ipocrisia è inscindibile dalla nostra società.
Un
romanzo avvincente con risvolti sorprendenti e intrecci costruiti con grande
artificio narrativo. Le riflessioni di ampio respiro che desta la lettura di
queste pagine rendono credibile, nonché attuale, la storia inventata.
L’opera
è arricchita, inoltre, dalla Prefazione di Renato Minore, noto critico
letterario, il quale, con il suo ricercato linguaggio, ha messo ben in risalto
la trama cogliendone l’essenza. In particolare scrive: «Il lettore può davvero
inseguire i suoi protagonisti e le comparse del gran gioco narrativo, con le
sorprese, le agnizioni, i colpi di scena, i ribaltamenti di prospettiva, gli
inserimenti più o meno allusivi di fatti clamorosi di cronaca politica e
giudiziaria […] Così alla fine ecco che si delinea meglio la natura di questo
giallo che racconta e insieme ragiona su ciò che va narrando».