Biografia di Paolo Arigotti
Nato a Cagliari il 26 maggio 1973, Paolo Arigotti si laurea in Giurisprudenza nel 1998, prendendo servizio poco più di un anno dopo nella pubblica amministrazione.
Da sempre appassionato di storia, viaggi, lettura, scrittura e cinema, fa il suo esordio nel mondo letterario con il romanzo Un triangolo rosa, edizioni Progetto cultura 2015, recentemente premiato con diploma d’onore della giuria per la narrativa edita nell’ambito del concorso internazionale Il Molinello 2016.
Sorelle molto speciali è il suo secondo lavoro dato alle stampe e come sempre l’autore ha trovato il modo di conciliare alcune delle sue grandi passioni, quali storia, diritti civili, passione per i viaggi, inseriti in una trama che tiene il lettore col fiato sospeso fino alle ultime pagine.

Sorelle Molto Speciali, di Paolo Arigotti (Link Edizioni, 2018)

Protagoniste assolute due donne, sorelle gemelle, nate in una nobile e ricca famiglia della Germania nei primi del novecento; Elene e Johanna, scelgono di abbandonare, sia pure in tempi diversi, la Germania: Johanna si stabilisce in Italia a metà degli anni venti, mentre Elene, lascerà la Germania nel 1933, dopo l'avvento al potere di Hitler. Circa un anno dopo, Elene darà alla luce due gemelle, una delle quali affetta dalla sindrome di Down. La donna compie una scelta per quei tempi rivoluzionaria, rigettando pregiudizi ed ignoranza che circondavano all'epoca la condizione di diversità e avvia un coraggioso percorso personale di sviluppo ed educazione per la figlia, divenendo un'antesignana dei più moderni approcci a tale problematica ed un punto di riferimento per tante altre mamme di bambini "diversi". Lo scoppio della seconda guerra mondiale sembra cambiare le cose. I genitori temono che un rientro in Germania possa mettere a rischio la vita stessa della loro piccola Sara. La fine della guerra, coi suoi tragici strascichi, aprirà nuove prospettive, fino ad arrivare ai giorni nostri, con una spiegazione finale, forse inattesa, di alcuni eventi fino a quel momento misteriosi.

Stralcio - Gentilissimo Alfio, come promesso invio uno stralcio del mio libro, il testo della post fazione che chiude il volume ed un passo molto significativo.

Postfazione.
Nel secondo dopoguerra, lentamente, si registrarono importanti sviluppi sia sul fronte delle terapie e cure mediche, che nella stessa percezione diffusa delle problematiche collegate alle disabilità fisiche e mentali. L’approccio mutò sensibilmente nel momento in cui si comprese che la strada non doveva più essere quella dell’emarginazione ed isolamento – secondo la visione “carceraria” degli istituti di cura – bensì dell’integrazione nella società, riconoscendo a queste persone il diritto ad una vita il più possibile normale.
In sostanza ad essere modificata, dopo secoli di ignoranza e pregiudizi, era l’approccio alla disabilità, non vista più come un “problema da trattare”, bensì come una peculiare condizione dell’individuo che ne viene colpito – spesso dalla nascita – ma che conserva la sua identità e che - al pari degli altri - ha desideri, aspettative, aspirazioni, timori e magari – anche qui come tutti – dei limiti, i quali però non debbono essere visti come un ostacolo al pieno sviluppo delle sue potenzialità.
Il dottor Guttman, medico inglese, ebbe per primo l’intuizione dell’importanza della pratica sportiva per il recupero fisico e mentale delle persone disabili, metodo applicato in primo momento ai mutilati ed invalidi di guerra, quindi esteso a tutti gli altri.
La Costituzione repubblicana del 1948 si occupa esplicitamente delle persone disabili, statuendo che hanno diritto all’educazione ed avviamento professionale (art. 38).
In realtà tali disposizioni resteranno per lungo tempo vuote dichiarazioni di principio e sarà solo negli anni sessanta che saranno varate riforme scolastiche le quali, superando la soluzione discriminatoria delle “sezioni speciali” create sotto il fascismo nel 1933, avvierà specifici programmi di formazione per le persone disabili.
Soltanto a metà anni settanta sarà definitivamente superato il concetto stesso delle classi “speciali”, creando un’integrazione in senso umano e fisico con gli alunni normodotati, mentre nel 1992 la legge quadro sulla disabilità (la famosa “104”) costituirà un autentico testo unico sui diritti delle persone disabili, occupandosi dell’educazione ed istruzione di ogni ordine e grado.
La legge n. 68 del 1999, infine, reca importanti disposizioni per favorire l’ingresso dei disabili nel mondo del lavoro. L’Italia, anche grazie al grande lavoro di studio e divulgazione posto in essere dalla professoressa Montessori e da coloro che si sono ispirati alle sue dottrine, rappresenta oggi uno dei paesi con la legislazione più evoluta per la salvaguardia dei diritti dei diversamente abili.
I fronti sui quali sarebbe importante, a questo punto, intervenire sarebbero l’educazione alla diversità per i cosiddetti normodotati e talune annose inefficienze della macchina pubblica; per fortuna il lodevole impegno posto in essere dai professionisti e volontari spesso sopperisce alle mancanze delle autorità preposte.
I pregiudizi dettati dall’ignoranza sono probabilmente l’ostacolo più duro da rimuovere; se all’epoca in cui visse Sara erano rivolti verso i disabili mentali – etichettati con disprezzo “pazzi” o “deficienti” – certi retaggi culturali sono duri a morire.
Se mi è consentito questo esempio – a titolo di spunto di riflessione conclusivo – basti pensare al sentimento discriminatorio che ancora oggi, nonostante tutto, circonda le persone affette da certe patologie fisiche o mentali.
La paura della diversità appartiene ad ogni epoca storica e dato che la causa è sempre e soltanto l’ignoranza, l’unica cura possibile è la diffusione della conoscenza.