Questo brano costituisce i primi dieci capitoli del romanzo: L’ombra che danza sul lago - di Girolamo Nuvola. Il testo è “Proprietà letteraria riservata” dell’Autore. La pubblicazione di parte di esso su questo sito è stata effettuata con il permesso dell’Autore, che ne ha inviato una copia in formato editabile all’amministratore del sito.
Prologo
Nicola Righetti abita in un appartamento nella periferia di Roma insieme a sua moglie Maria. Quando, dopo quarantatré anni alle dipendenze di un’importante azienda farmaceutica, il capo ufficio gli comunica che il suo ciclo lavorativo è giunto al termine, non riesce a immaginare la sua vita senza il suo posto di lavoro e guarda al futuro con preoccupazione e angoscia.
Una notte gli appare in sogno uno sconosciuto con una macchia rossa sulla fronte e gli chiede di aiutare sua nipote Corinne, che si trova in grave pericolo dentro una casa sul lago di Como. Nicola teme di essere vittima di un’allucinazione, ma decide ugualmente di partire insieme a sua moglie Maria per verificare l’attendibilità del sogno.
Inizia così una ricerca spasmodica che li porterà a confrontarsi con personaggi sinistri e malvagi. Presto si renderanno conto di essersi imbarcati in un’impresa complessa e pericolosa che li condurrà dentro un vortice oscuro che cambierà per sempre il loro destino.
Cap. 1
Per festeggiare il suo addio al mondo del lavoro, Nicola invita una ventina di amici in un rinomato ristorante sul mare. Al termine della cena, fra l’allegria generale, cantano tutti il ritornello di una famosa canzone napoletana: «Chi avuto, avuto, avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdammoce o’ passato simmo ‘e Napule paisà».
Poi gli amici vanno via, e lui e Maria escono sulla terrazza del ristorante a respirare l’aria intrisa di salsedine che entra nelle narici, si posa sulla pelle e si sente sulle labbra. Al primo brivido di freddo Nicola stringe la mano di sua moglie. Poi, come due giovani innamorati, raggiungono la macchina e si avviano verso casa. La mattina seguente un furioso temporale si abbatte sulla città. Nicola si avvicina alla finestra e assiste alla violenta grandinata che martella i tetti delle macchine in sosta. «Non vedi che ore sono?» brontola Maria insonnolita. «Ora non lavori più, cerca di fartene una ragione.»
«Lo sai che non riesco a stare nel letto quando mi sveglio» risponde Nicola mentre si avvia verso il bagno. La moglie gli rammenta quanto è bello crogiolarsi tra le coperte la mattina, specie quando fuori il tempo è brutto. Si gira su un fianco e riprende a dormire. Alle otto, Nicola esce di casa in giacca e cravatta per sbrigare alcune faccende familiari. Mentre scende con l’ascensore osserva la sua pancetta prominente allo specchio e fa una smorfia di disgusto. È alto un metro e sessantotto e pesa quasi settantacinque chili, troppi. Prima di uscire si passa una mano sui pochi capelli radi e grigi e aggiusta il nodo alla cravatta.
Nell’ufficio postale rimane imbottigliato in una fila chilometrica causata da un improvviso guasto ai computer e all’ora di pranzo, stanco e affamato, sale in macchina e punta verso casa. Percorre poche centinaia di metri, quando vede passare due ex colleghi con i quali si intratteneva in vivaci discussioni. Parcheggia all’istante, li raggiunge e incomincia a parlare a ruota libera, ma loro lo stoppano e di fretta lo salutano. Quella brusca interruzione lo amareggia.
A casa, come al solito, si sfoga con sua moglie: «Quei due deficienti fino a pochi giorni fa mi venivano a salutare tutte le mattine e spesso mi portavano il caffè in ufficio...» «Mi meraviglio di te, sei sempre informato su tutto e ancora non sai come vanno queste cose?» E, vedendolo abbattuto, aggiunge comprensiva: «Per fortuna sei riuscito a raggiungere la pensione in buona salute, goditela senza farti venire strane idee per la testa, starai bene con te stesso e con gli altri». Nicola accusa il colpo. Complice il cattivo tempo, siede ogni giorno sul divano con lo sguardo confuso e perso nel vuoto. L’energia vitale lo abbandona; la sua è un’apatia crescente e silenziosamente distruttiva. Maria teme sia sull’orlo della depressione e vuole aiutarlo. Lei ha già sperimentato gli effetti devastanti di questo male oscuro quando ha saputo che non poteva avere figli. All’inizio cerca conforto nelle persone care, ma ben presto si rende conto che è sola: non ha più parenti e da quando suo marito è andato in pensione anche i cosiddetti amici si sono dimenticati di loro. Lei però non si perde d’animo e il giorno del suo sessantatreesimo compleanno organizza una festa, a sorpresa, con l’aiuto dei vicini. Questo simpatico evento risveglia Nicola dal torpore e dallo stato di sconforto in cui si è cacciato. La rassegnazione e il pessimismo lasciano uno spiraglio alla speranza. Riprende a uscire e, un poco alla volta, riacquista la forma perduta.
Cap. 2
Nicola trascorre un lungo periodo sereno e, nella settimana che precede il Natale, porta sua moglie in crociera nei Mari del Sud. Una gelida mattina di fine gennaio si rivolge a Maria mentre sta facendo colazione: «Stanotte ho fatto un sogno che mi ha lasciato un vuoto nello stomaco. La mattina, di solito, quello che sogno si dissolve come neve al sole, stavolta, invece, mi è rimasto tutto impresso nella mente. Stavo camminando lungo il marciapiede che costeggia i giardini pubblici sotto casa quando un signore sconosciuto che stava seduto sopra una panchina, appena mi ha visto, si è alzato e mi è venuto incontro. Era un uomo anziano, goffo nei movimenti e con una macchia rossa sulla fronte. Mi ha fermato e ha incominciato a muovere le labbra come se volesse dirmi qualcosa, ma dalla sua bocca non uscivano le parole. Ho atteso alcuni secondi, poi sono andato via».
«Insomma, non sei riuscito a sentire quello che diceva!» Maria sorride. «Eppure ieri sera hai fatto una cena leggera, ho l’impressione che tu mi nasconda qualcosa. Per caso ti sei attaccato allo Zabib? Non fare quella faccia ingenua, sai bene che sto parlando del liquore all’anice egiziano che abbiamo acquistato in crociera. Stai attento che quello picchia in testa.» «Ma cosa stai dicendo? Lo sai che non bevo mai alcolici la sera.» «Allora non preoccuparti, a volte capita di fare sogni stravaganti. Ricordo che quando ero ragazza, un tipo dall’aspetto animalesco mi ha rincorso per due notti di seguito facendomi morire di paura. Per fortuna poi è sparito. Quindi, non farci caso.»
Per alcune notti Nicola dorme sereno e dimentica quell’episodio, poi un sabato si sveglia di soprassalto nel cuore della notte, tutto sudato, e chiama sua moglie: «Ho… ho rivisto in sogno quel tipo!» mormora con il respiro affannoso e la faccia bianca come un lenzuolo. «Stavolta mi aspettava vicino all’ingresso del palazzo, voleva che lo ascoltassi a ogni costo, ma dalla sua bocca non uscivano le parole. Era così insistente che alla fine mi ha spaventato.
Ma chi è questa persona, cosa vuole da me? Io giuro, non lo conosco, non l’ho mai visto in tutta la mia vita, veramente non so chi sia! Allora, perché mi perseguita?» «Dobbiamo consultare qualcuno che se ne intende di queste cose» Maria sospira alzando lo sguardo al soffitto. «Evidentemente quella persona vuole confidarti qualcosa, ma non riesce a comunicare, e noi dobbiamo scoprire perché.»
«La penso anch’io nello stesso modo!» annuisce Nicola «quindi, facciamo presto, non voglio passare un’altra notte come questa!» «Che ne dici di andare a parlare con padre Rosario. Lui è sempre in mezzo alla gente e ne sente di tutti i colori, magari ci può dare buoni consigli.»
«Ma cosa c’entra padre Rosario con il mio sogno. Tu lo sai che a quel frate piace scherzare, e io non ho nessuna intenzione di fare da cavia per le sue battute.» «Hai un’idea migliore?» insiste Maria. Nicola rimane in silenzio con la fronte aggrottata, poi annuisce: «D’accordo, andiamo, ma se prova a prendermi in giro, stavolta mi arrabbio davvero». È da vent’anni che conoscono quel frate generoso, dalla stazza imponente e la folta barba plumbea, che dedica ogni giorno della sua vita a rimettere sulla retta via i giovani con un passato burrascoso da dimenticare. Nicola frequenta spesso la sua comunità e qualche volta è rimasto vittima dei suoi scherzi. Padre Rosario li riceve al termine di una lunga telefonata con un funzionario di polizia che gli aveva comunicato di aver rintracciato il ragazzo che era scappato dalla sua comunità.
Il frate ascolta distrattamente il sogno di Nicola e alla fine dice la sua con un vago sorrisino sulle labbra: «Cosa vuoi che ti dica. Quando si dorme, si viaggia su un’altra dimensione, priva di regole e razionalità, e può succedere di tutto; l’importante è scindere le immagini oniriche dalla realtà, e tutto ritorna come prima. Quindi, evita di pensarci e vedrai che il fatto non si ripeterà». Nicola accoglie il suo commento visibilmente insoddisfatto e quando esce dalla comunità si sfoga con sua moglie: «Hai notato il suo sguardo commiserevole? Sembrava quello di un medico in visita a un malato terminale. E che dire poi di quel sorrisino ironico e delle continue occhiate all’orologio? Credo di intuire cosa stesse pensando: “Ma cosa diavolo si è inventato Nicola, e io che sto ad ascoltare queste stupidaggini con tutto quello che ho da fare”. Questo è il ringraziamento per tutto il tempo che ho dedicato alla sua casa famiglia. Col cavolo che mi rivedrà ancora!» Maria corruga la fronte e scuote la testa. «Oltre che permaloso sei anche ingeneroso. Padre Rosario si è espresso senza alcuna ambiguità, tu pensala come vuoi ma, per favore, evita di fare il processo alle intenzioni.» Nicola deglutisce e scrolla la testa. Da quando ha questo incubo è diventato irritabile, impaziente e insofferente. L’ignoto lo confonde e lo terrorizza, tuttavia ne è irrimediabilmente attratto. Sua moglie comprende il suo stato d’animo e cerca in tutti i modi di aiutarlo.
«Dobbiamo trovare assolutamente qualcuno che ci dia una mano a risolvere questo mistero» gli sussurra in un orecchio. Dopo un attimo di riflessione le si illumina il volto: «Io andrei a sentire anche la signora Giada. Lei è una grande esperta di argomenti esoterici e forse conosce chi ci potrebbe aiutare». «Ti riferisci alla nostra vicina di casa? Quella che porta al dito quell’anello a forma di ferro di cavallo e veste come una zingara? È difficile trovare in giro una più schizzata di lei; comunque, sono disposto a fare anche questo tentativo.» La signora Giada è una donna energica, intelligente e istruita: è laureata in filosofia. Nel palazzo, però, non gode di molto credito per via della sua forte attrazione per l’insolito. L’unica che la frequenta con una certa assiduità è Maria. Giada non esce di casa la mattina se prima non ha sentito per televisione cosa prevede il suo oroscopo. Nicola non la sopporta, è convinto che porti sfortuna, e ogni volta che la incontra fa gli scongiuri.
Maria racconta alla sua amica lo strano sogno di suo marito e chiede lumi per la sua interpretazione. Giada precisa subito che lei non può aiutare Nicola e li indirizza da Selina, una sua amica, che pratica la scrittura automatica. «Che cos’è la scrittura automatica?» chiede Nicola scettico. Giada sorride e spiega: «È il processo attraverso il quale si scrivono parole o frasi di senso compiuto, indipendentemente dalla propria volontà e senza avere la cognizione di ciò che si scrive. La mano si muove da sola e traccia su un foglio di carta cose che non corrispondono al pensiero di chi scrive. Voi andate da Selina, dite che vi manda Giada e lei vi aiuterà. Questo è l’indirizzo. A proposito! Selina riceve in vestaglia da notte, non vi scandalizzate». Nicola e Maria si congedano dalla loro vicina piuttosto pessimisti.
«Ho l’impressione che sia una mezza matta!» bisbiglia Nicola mentre gira la chiave nella serratura della porta di casa. Tu che ne pensi?» Maria si passa una mano fra i capelli corti sale e pepe e sospira: «Giada mi conosce bene e sa che io sono una persona concreta, diffidente su certe cose, infatti non parliamo mai di questi argomenti quando stiamo insieme; l’anno scorso per il mio cinquantottesimo compleanno voleva leggermi la mano e non le ho dato il permesso. Però, ora siamo in ballo e conviene andare fino in fondo».
Cap. 3
Selina indossa una lunga vestaglia grigia che le copre pure i piedi. È una donna minuta, con tutti i capelli bianchi. Ha lo sguardo penetrante e parla sommessamente. Il suo volto è solcato da rughe profonde e presenta tratti marcati ed espressivi che indicano un’età avanzata. Il sorriso dolente stampato sulle sue labbra è la spia di un disagio profondo che la segue come un’ombra.
La donna li fa sedere intorno a un tavolo quadrato, prende una matita fra le dita e appoggia la punta su un foglio bianco di carta. All’improvviso la matita incomincia a scrivere da sola. Nicola e Maria sono sbalorditi e anche spaventati. La matita scivola veloce sul figlio di carta. Selina non sembra cosciente, non guarda nemmeno cosa sta scrivendo. A un certo punto la matita si ferma. Selina si sveglia dal suo stato di trance, legge quello che ha scritto e si rivolge a Nicola: «Posso dirti solo che l’uomo che ti appare in sogno è in pena per qualcuno che non è riuscito a proteggere quando era in vita e ha scelto te per sistemare le cose. Sei tu ora che devi decidere cosa fare. Se stanotte vuoi sentire le sue parole, brucia questo foglio scritto nella tua stanza da letto».
Dopo cena Nicola brucia quel foglio in camera e va a sedersi sul divano davanti al televisore. Maria gli fa compagnia fino a mezzanotte, poi cede alla stanchezza e va a riposare. Nicola resiste ancora, non vuole andare a letto: si sente più solo che mai, e ha paura. Ogni tanto si alza dal divano e si mette a camminare per la stanza. Alterna momenti di calma apparente a scatti improvvisi di nervosismo. I termosifoni sono quasi spenti e la stanza incomincia a raffreddarsi rapidamente, quando all’una di notte ha il primo cedimento. Dopo una ventina di minuti crolla sul letto, esausto. Fa appena in tempo a mettersi sotto le coperte, che già viaggia nel mondo dei sogni.
L’uomo con la macchia rossa sulla fronte lo stava aspettando impaziente e stavolta Nicola sente ogni parola: «Ascoltami con attenzione perché non ci sarà un’altra occasione!» gli dice con una voce che sembra provenire dall’oltretomba. «Mia nipote Corinne è in grave pericolo dentro una casa costruita sopra il costone di una montagna vicino a Gravedona, sul lago di Como. Lei è piccola, fragile e ha tanto bisogno di aiuto. Tu la devi aiutare… tu la devi aiutare.» L’entità incomincia a dissolversi velocemente, ma prima di svanire del tutto ripete per tre volte un’altra disperata invocazione con le mani protese: «Salva Soffio di vento, salva Soffio di vento, salva Soffio di vento!»
La mattina Nicola riferisce tutto a sua moglie: «Se ripenso all’espressione di quell’uomo mentre la sua immagine scompariva, mi vengono i brividi. Ma perché ha scelto proprio me? Io non sono adatto per questo genere di cose e, poi, non conosco Corinne, non so nulla di lui. A essere sincero, ho il timore di essere caduto vittima di un grande inganno». «Non ti angustiare!» lo consola Maria. «Guarda la vicenda dal lato migliore. Possiamo sfruttare quest’occasione per fare un altro bel viaggetto insieme.» E mentre la caffettiera sbuffa nell’aria il caldo aroma del caffè, aggiunge con uno scintillio negli occhi: «Se poi ci accorgiamo che questa storia si fonda sul nulla, rientriamo a casa subito; al massimo staremo via un paio di giorni; non se ne accorgerà nessuno».
Cap. 4
Nicola cerca informazioni dettagliate su Gravedona e scopre che è un’incantevole località situata sulla sponda occidentale del lago di Como. Per ragioni storiche, artistiche e religiose è considerato uno dei centri più importanti dell’alto lago. Si mette in contatto con un hotel di quel luogo e prenota una camera matrimoniale. Il resto della giornata lo passa a mettere a punto gli ultimi dettagli del viaggio e alle otto del giorno seguente la sua Fiat Punto, lucida come uno specchio, sfreccia già sull’autostrada. Maria sorride seduta al suo fianco. La bella giornata di sole rende il percorso gradevole e, quasi senz’accorgersene, arrivano a Como. Prima di affrontare l’ultimo tratto di strada si fermano a mangiare qualcosa in un bar con vista sul lago e dopo un paio d’ore riprendono il viaggio. Attraversano molte località, una più suggestiva dell’altra: Cernobbio, Argegno, Tremezzo, Menaggio, Dongo. Infine arrivano a Gravedona.
Parcheggiano davanti all’albergo che avevano prenotato e, dopo aver sbrigato le dovute formalità in portineria, portano i bagagli in camera e scendono subito, senza disfare le valige. La magica visione del lago compare davanti a loro all’improvviso mentre fanno due passi tenendosi per mano. Affascinati da quello spettacolo, si guardano intorno stupiti e si soffermano a osservare le luci soffuse dei lampioni che si specchiano dolcemente sulla superficie delle acque in un divertente gioco di colori. L’atmosfera che si respira è surreale e il silenzio che aleggia nell’aria straordinariamente poetico. Trascorrono molto tempo rapiti da quel magico scenario, finché un rumore di piatti proveniente dal ristorante dell’albergo li avvisa che sono le otto di sera e stanno già servendo la cena.
Maria sceglie un tavolo vicino a una finestra con vista sul lago; è rimasta talmente incantata da quell’apparizione fiabesca che vuole continuare a sognare. Quella sera le sembra tutto perfetto, anche il cibo è di suo gradimento. Dopo cena, sfidano il freddo pungente per fare quattro passi in riva al lago e al ritorno, poco prima di entrare in albergo, Maria fa un profondo respiro ed esprime una sua sensazione: «Questo luogo è stupendo, mi ricorda il nostro viaggio di nozze a Venezia. Che momenti indimenticabili…»
«Allora eravamo giovani, potevamo fare qualunque cosa» Nicola sorride guardandola teneramente. «Ora non pensiamoci, concentriamoci invece sul motivo che ci ha condotti in questo luogo; spero ardentemente che accada presto qualcosa, altrimenti non so proprio da dove iniziare.» Arrivati nella loro camera, sentono tutta la stanchezza del viaggio e vanno a riposare.
La mattina successiva, un insistente rumore proveniente dalla cucina dell’albergo sveglia Nicola alle prime luci dell’alba. Prova nuovamente a chiudere gli occhi, ma ormai il sonno è passato. Sua moglie dorme ancora profondamente. Lui si alza per andare al bagno, cercando di non far rumore per non svegliarla. Quando torna, però, la trova vicino alla finestra inondata di luce. «Buongiorno!» le dice socchiudendo gli occhi. «Già in piedi a quest’ora?» e si mette a guardare anche lui la miriade di puntini luccicanti riflessi sulle acque fresche del lago. Terminata la colazione salgono in macchina, decisi a trovare la casa menzionata dall’uomo apparso in sogno a Nicola.
Percorsi pochi chilometri, notano in alto, alla loro sinistra, una costruzione parzialmente nascosta dalla vegetazione, situata sopra il costone di un’altura, e si fermano subito in un grande spiazzo circolare alla loro destra, dove c’è un bar tabacchi. «Ci siamo, forse abbiamo trovato la casa!» esclama Maria puntando l’indice in quella direzione. «Ora ci informiamo!» risponde Nicola eccitato. Entrano nel bar tabacchi e ordinano due caffè, poi si siedono vicino a una finestra dalla quale si vede quella casa e aspettano di essere serviti. Dopo un paio di minuti si avvicina una signora con due caffè fumanti. «Siete di passaggio? Fate attenzione che il tempo da queste parti cambia rapidamente ed è facile rimanere bloccati.»
Maria vede la disponibilità della donna a chiacchierare e sfrutta l’occasione. «Nevica spesso in questo periodo?» domanda noncurante sorseggiando il caffè. La donna è sul punto di rispondere, quando l’uomo che sta dietro il bancone la chiama indispettito, provocando la sua feroce reazione. Fra i due si scatena un divertente battibecco che dura lo spazio di un minuto e, quando tutto si ricompone, la signora si avvicina di nuovo a Maria. «Mi scusi tanto, ma quando c’è gente quel brav’uomo del mio compagno si fa prendere dal panico e va in confusione. È inutile cercare di fargli entrare in testa che i clienti possono anche attendere, lui si agita e incomincia a sudare... È più di un mese che nevica in montagna tutte le notti e spesso imbianca anche a valle, l’altra settimana sono venuti giù quindici centimetri di neve.» La donna parla… parla… Maria finge di interessarsi ai suoi argomenti annuendo a ripetizione.
Nicola vede con quanta facilità sua moglie riesce a dialogare con gli estranei e abbozza un sorriso. Nel frattempo la donna si allontana, pressata dalle insistenze del suo compagno, e i due coniugi si mettono ad ammirare quella bella villa costruita a picco su una parete. Somiglia a un castello incastonato nella roccia. «Potrebbe essere proprio quella la casa del tuo sogno, davanti c’è pure il lago e siamo vicini a Gravedona, coincide tutto.» Subito dopo, però, a Maria viene un dubbio: «A meno che non ci siano altre abitazioni simili lungo la strada». Nicola, invece, sembra sicuro e le sussurra in un orecchio: «Ho la sensazione che siamo arrivati nel posto giusto, non te lo so spiegare ma avverto una forte attrazione per quella casa, tu cerca di sapere qualcosa di più dalla signora, vedrai che confermerà questa mia impressione».
Da alcuni minuti il cielo ha assunto un colore plumbeo ed è calata anche una precoce oscurità. Sembra stia per accadere qualcosa, infatti, di lì a poco incomincia a nevicare. Le macchine transitano con i fari accesi mentre la neve scende copiosa imbiancando ogni cosa. Col trascorrere delle ore la situazione potrebbe precipitare e Maria chiede a Nicola di rientrare subito in albergo. Lui si alza per andare a saldare il conto e lei lo ferma con un cenno della mano. «Lascia che vada io a pagare, proverò a sfruttare l’occasione per chiedere qualche altra informazione alla signora.» Quando poco dopo si intrattiene amichevolmente con la donna, Nicola rimane ancora sorpreso dalla sua intraprendenza. Dopo un paio di minuti, entra nel bar una piccola comitiva di persone e l’uomo dietro il banco lancia un’occhiataccia alla donna, che interrompe all’istante il colloquio con Maria.
Lungo il percorso che li conduce in albergo, Maria informa suo marito di quel poco che è riuscita a sapere: «La signora si chiama Michela, è una dei titolari del bar tabacchi, l’altro proprietario, quello che serve i clienti al banco, è il suo convivente, si chiama Mario. Appena ho accennato alla casa è arrivata quella comitiva e il discorso si è interrotto; credo, però, che la signora abbia molte cose da dire al riguardo. Prima di salutarla, l’ho invitata a cena stasera nel nostro albergo, così potremo dialogare in tutta tranquillità».
Cap. 5
La neve aveva fatto presa sul terreno e Nicola impiega più tempo del previsto per arrivare a destinazione. Mangiano qualcosa al ristorante dell’albergo, poi si separano: mentre Maria va a riposare in camera, Nicola si siede sopra un divano sistemato in un angolo dell’ingresso e si mette a sfogliare una rivista. Quando verso le diciassette Maria scende al piano terra, trova Nicola appisolato in una scomoda posizione: la sua testa piegata all’indietro gli impedisce una corretta respirazione; lei prova a svegliarlo con dolcezza, ma non ci riesce. Allora inizia a scuoterlo vigorosamente finché apre gli occhi. «Finalmente!» esclama allargando le braccia. «Non riesco a capire perché non vai a riposare a letto come le persone normali, invece di assumere posture improbabili sul divano, poi ti lamenti se ti fa male la cervicale.»
Nicola gira brevemente la testa da una parte all’altra, poi si massaggia i muscoli del collo, contratti, e le lancia un’occhiataccia: «Lo sai che ho sempre fatto la mia pennichella in questo modo e non ho nessuna intenzione di modificare le mie abitudini». Maria arriccia il naso e mormora sottovoce: «Va bene! Va bene! Sei sempre il solito, con te bisogna misurare le parole, altrimenti scatti come una molla. Ora cerchiamo di stare calmi perché fra poco arriva Michela».
La loro ospite si presenta alle sette precise. Indossa una pelliccia di visone marrone-rossiccio, lucentissima. Maria la saluta con un bacio, poi le presenta suo marito. Un braccialetto sottile d’oro le scivola sul polso mentre tende la mano a Nicola. La signora appende il prezioso indumento a un attaccapanni alle sue spalle e rimane con un delizioso completo rosso bordò attillato, che le dona un’invidiabile silhouette. Così vestita sembra veramente un’altra persona, molto diversa da quella vista al bar col grembiule. Non è per niente facile quantificare la sua età. Ha cortissimi capelli neri con la riga a destra, labbra carnose e un impertinente nasino all’insù, asciutto e sottile; il trucco e il rossetto sono ben studiati per donare il giusto risalto ai suoi meravigliosi occhi azzurri.
Nicola, stupito dalla trasformazione di quella donna affascinante, le rivolge uno sguardo ammiccante prima di ordinare tre aperitivi nell’attesa della cena. «Certo che da queste parti la natura non ha badato a spese!» le dice mentre versa l’aperitivo nel bicchiere. «La bellezza del lago e la maestosità delle montagne innevate rendono il paesaggio unico, quasi magico.» «È vero. Siamo proprio fortunati!» risponde la signora dopo aver sorseggiato la bevanda. «A proposito,» esclama Nicola, fingendosi sorpreso, «appena usciti dal bar abbiamo visto una grande casa costruita sopra il costone della montagna. È incredibile, sembra in bilico su un precipizio. Io non ci potrei abitare, soffro di vertigini.»
Maria afferra al volo la situazione e, quasi recitando un copione già scritto, alimenta l’argomento. «Hai proprio ragione, non so proprio come si possa abitare in un luogo simile. Evidentemente i proprietari sono persone stravaganti.» «Ma no,» dice la signora sorridendo, «quella costruzione poggia su basi solide, io l’ho visitata e posso assicurarvi che è una casa fantastica. Dalla terrazza si può godere una veduta spettacolare del lago di Como. Purtroppo», aggiunge cambiando espressione, «non ha portato fortuna ai suoi abitanti.»
Nicola e Maria si scambiano un’occhiata d’intesa e le chiedono di spiegarsi meglio. La signora si guarda intorno diffidente, la sala da pranzo è quasi vuota, ci sono solo due coppiette che occupano tavoli defilati e un signore anziano che legge una rivista per ingannare il tempo. Accosta la sedia al tavolo e mormora sommessamente: «Gira voce che quella casa porti sfortuna. La fece costruire l’ingegner Saverio Sanilli più di quarant’anni fa, prima della nascita di Bruno, il suo unico figlio. Sanilli è stato un imprenditore molto noto da queste parti; dal nulla ha fondato un’azienda di componenti per computer divenuta, in breve tempo, un punto di riferimento anche a livello nazionale. Chi l’ha conosciuto bene afferma che era un uomo comprensivo, generoso, ma anche terribilmente suscettibile, ambizioso e spietato con chi andava contro i suoi interessi. A trent’anni ha sposato Elisa, una giovane di famiglia benestante e, dopo la nascita di Bruno, sono andati ad