Véronique CORDELIER - L'altra metà della mela (scritto a quattro mani con la mia amica Claudia Mancini.)

Questo è un brano è il decimo capitolo del romanzo “L'altra metà della mela”, di Véronique Cordelier e Claudia Mancini. Il testo è “Proprietà letteraria riservata” dell’Autore. La pubblicazione di parte di esso su questo sito è stata effettuata con il permesso dell’Autore, che ne ha inviato una copia in formato editabile all’amministratore del sito.

 Capitolo decimo

Dopo quella breve ma intensa esperienza, rientrare a

casa fu molto doloroso.

Tutto mi parlava di Luca, di noi

due, eppure ero pienamente consapevole che, da quel

momento, ci sarebbe stata solo Giulia. Non nutrivo verso

di lui né rabbia né odio. Anzi, mi sentivo come anestetizzata

nei confronti dei sentimenti anche perché ero presa

da tutte le cose contingenti da sistemare.

Questa volta dovevo riorganizzare la mia esistenza senza

improvvisare. In primis dovevo abbandonare il parttime

per un tempo pieno. Raddoppiare lo stipendio era

indispensabile per poter affrontare serenamente le spese

mensili. Provai a vivere da sola nella mia grande casa ma

non ce la feci e mi trasferii nell’appartamento di un’amica,

che solitamente affittava ai turisti durante la stagione

estiva. Camminavo da sola, mi sembrava mi mancassero

le forze ma non avevo nessuno a cui appoggiarmi.

Clo era sempre in giro per il mondo. Ai miei non avevo

avuto il coraggio di confessare la verità, avrei dato

loro un dispiacere troppo grande. Finsi che tutto procedeva

come al solito. Antonio mi aggiornava sulla salute

di Luca, che lentamente si stava riprendendo. Un giorno

ricevetti una sua lunga lettera.

“Cara Giulia, sono passate diverse settimane da quando te ne

sei andata. Ora sto meglio, e sono in grado di scriverti per rispondere

alla tua lettera. Hai fatto bene ad andartene lasciandomi così.

Me lo merito. Adesso devo confessarti la verità.

So ti averti irrimediabilmente persa.

Quando ho letto la tua lettera, ho provato un

forte senso di dolore. Ti ho nascosto la realtà per anni senza farmi

tormentare dai sensi di colpa e, all’improvviso, la relazione che ho

posto in parallelo al nostro matrimonio mi fa sprofondare di vergogna.

I rimorsi mi stanno strangolando.

Nello stesso tempo se penso a Meg, mi rendo conto che l’amo

come il primo giorno che l’ho conosciuta. L’amore è amore a prescindere

dai contesti, ma la mancanza di rispetto per te è stata

davvero ingiustificabile. Mi sento egoista e cinico. Con disinvoltura,

sono stato capace di convivere tranquillamente con due storie. Non

ho considerato il rispetto che dobbiamo ai sentimenti.

L’ho conosciuta in un viaggio verso gli USA, era seduta accanto

a me, disinvolta e allegra, mi ha conquistato in poche ore. Temevo

di ferirti dicendoti la verità e ho preferito che rimanessi ignara e

fiduciosa. Non riuscivo a lasciarti ma rinunciare a Meg mi avrebbe

ucciso. Mi mancavano il suo corpo da toccare, le sue labbra da baciare

e il suo dolcissimo sorriso da contemplare. Per questo non mi

sono più avvicinato a te, pur amandoti, pur stimandoti per quello

che sei, con la tua spontaneità, la tua ingenuità e la tua fi ducia nel

genere umano. Ho tradito questa tua fi ducia ma mi sentivo solo

senza di lei.

Amarla è stato un reato solo nella misura in cui ho ingannato

te. Da poco tempo mi ha dato un fi glio, David, che amo più di

chiunque al mondo. Ricordo la prima volta che l’ho stretto fra le mie

braccia. Un’emozione mai provata! Ha i capelli biondi e gli occhi

azzurri di sua mamma.

Forse ho avuto l’infarto perché il mio cuore non sapeva più reggere

questa doppia vita, questo inganno. Non so più a chi appartengo

se non a mio fi glio. Sogno di raccontargli le fi abe, di vederlo

uscire da scuola, di giocare con lui e se faccio in tempo, di insegnargli

ad essere l’uomo che non sono stato.

Sono distrutto e disperato. Tu lo sarai più di me. Ora mi aspetta

una lunga convalescenza, andrò in una casa di cura di Boston.

Quindi non so quando tornerò in Italia ma per qualsiasi problema

rivolgiti ad Antonio. Conosce le mie disposizioni testamentarie.

Accetta un regalo da me. Certo non ti compenserà di tutto quello

che ti ho tolto.

Ho acquistato recentemente, e a tua insaputa, una casa in

Francia. È in gran parte ristrutturata, mancano soltanto dei dettagli

per quanto riguarda l’arredamento. Penso sia il rifugio adatto

per te, per ritrovare la serenità persa da tanto tempo e per scrivere i

tuoi racconti. Da lassù godrai una vista incantevole sul mare. Ho

predisposto tutto, devi solo andare a fi rmare dal notaio. Venduta

la nostra casa, ti farò un bonifi co che ti consentirà di ultimare la

tua nuova residenza.

Quando mi sarò ristabilito, avvieremo le pratiche del divorzio.

Dopodiché mi trasferirò negli Stati Uniti, dove spero di fi nire

i miei giorni accanto a David e a Meg. Ti auguro ogni bene. Un

abbraccio. Luca”.

Lessi la lettera con una strana indifferenza. Realizzai

di colpo anche mi aspettava un lungo periodo di convalescenza.

Dovevo riabilitare la mia anima che gli eventi

avevano fatto a brandelli.

Sempre più spesso mi ritrovavo a pensare allo strano

incontro con Georges.

Da quando era tornata dal Madagascar Clo mi telefonava

tutti i giorni per sapere come stavo e per farmi

sentire la sua vicinanza.

“Senti, adesso mi devi promettere che, appena ti sarai

riorganizzata, manderai i tuoi racconti a Georges”.

“Sai, ti devo confessare che ci penso ogni giorno. Mi

ha colpito nel profondo. È diverso dagli altri uomini, dolce

e comprensivo, anche se un po’ ambiguo”.

“Sì hai ragione. Lo conosco da una vita, è dotato di

forte sensibilità”.

“Il racconto che mi ha fatto della sua vita è stato così

seducente, i suoi modi così eleganti, era tanto desiderabile

che, senza accorgermene, sono caduta fra le sue braccia.

Non mi starò innamorando? Per la prima volta ho voglia

di affrontare una storia senza paura”.

“Le tue parole sono carezze che entrano nella mia pelle.

Adesso non ti resta che renderlo partecipe dei tuoi

sentimenti. Digli di aver trovato un cuore, il tuo”.

“Beh se gli dico una frase del genere credo che non lo

rivedrò mai più! Dammi comunque il tempo di riorganizzarmi

e poi tornerò in Francia a trovarti, anzi a trovarvi e

gli porterò direttamente i racconti”.

“Perfetto. A breve sarò più libera; ho deciso di smettere

di lavorare. Mi voglio godere un po’ di vita prima che

sia troppo tardi. Vorrei ritirarmi in un luogo tranquillo,

magari iniziare a coltivare fi ori e alberi da frutta. Dopotutto

so di avere un’anima contadina”.

Un giorno fui chiamata dal notaio per l’atto di donazione

della casa in Francia. Uscii dal suo studio con le foto di

una bellissima villa sulle colline sopra Nizza. Le guardavo

e riguardavo, incredula per la bellezza dell’ambiente. Una

tipica dimora di fi ne Ottocento, in pietra secca, con una

vista imprendibile sul mare azzurro della costa. Un nodo

alla gola. Quando credi sia fi nita arriva sempre qualcosa

o qualcuno per cui vale la pena ricominciare. Mi venne in

mente la frase di Clo nella nostra ultima telefonata.

“Basta con questa vita randagia, vorrei dedicarmi a

un’attività più tranquilla”.

La chiamai immediatamente.

“Pronto Clo? Ci diamo appuntamento in Costa Azzurra

il prossimo fi ne settimana? Ho un segreto strepitoso

da svelarti”.

“Ok. Cosa fatta. Ti porto a cena da Boccaccio. Ti piace

la paella?”

Giacomo improvvisamente fu distolto dalla lettura dalla voce di

Daniel che stava salendo le scale.

“Giacomo? Sei ancora in camera di tua madre?”

“Io ho fi nito, e tu? Fra un’ora arriva Clo a prendere le ultime

cose… Posso entrare?”

“Entra, entra pure” rispose con una voce rotta dall’emozione

mentre nascondeva il diario di sua madre sotto il cuscino.

Pur volendo molto bene a Daniel, il factotum, Giacomo non

intendeva renderlo partecipe della scoperta del diario.

Daniel si guardò attorno con i suoi occhi vivaci: “Ma, Giacomo,

cosa hai? Ti vedo pallido” esclamò guardando i pezzi della giara

sparsi ovunque.

“Oh no! Si è rotta la giara. Giulia ci teneva così tanto!”

“Lo so, lo so… ma mi è caduta la cassa di libri. Sono molto

stanco, troppe emozioni, troppi ricordi! Non avrei dovuto venire

qui, forse non sono ancora pronto”.

“Immagino; ma non ti preoccupare. Sistemerò tutto io, ne avrò

di tempo! – disse sospirando. – Riposati, perché lo sai che, quando

Clo arriverà, bisognerà scattare. Ti lascio. A dopo”.

Appena Daniel chiuse la porta, Giacomo riprese in mano il

diario e si immerse di nuovo nella lettura.